Pietro Berti

Pietro Berti

VILLA BERTI - IMOLA VIA BEL POGGIO 13

PER ESPRIMERE IL VOSTRO PARERE

PER CHI VOLESSE ESPRIMERE IL PROPRIO PARERE SUGLI ARGOMENTI TRATTATI O VOLESSE RICHIEDERE IN MERITO AGLI STESSI DELUCIDAZIONI O CHIARIMENTI, E' POSSIBILE COMUNICARE CON ME INVIANDO UN COMMENTO (cliccando sulla scritta "commenti" è possibile inviare un commento anche in modo anonimo, selezionando l'apposito profilo che sarà pubblicato dopo l'approvazione) OPPURE TRAMITE MAIL (cliccando sulla bustina che compare accanto alla scritta "commenti")







FUSIORARI NEL MONDO

Majai Phoria


UN UOMO GIACE TRAFITTO DA UN RAGGIO DI SOLE, ED E’ SUBITO SERA

Non nobis Domine, non nobis, sed Nomini Tuo da gloriam

Non nobis Domine, non nobis, sed Nomini Tuo da gloriam

VIAGGIA CON RYANAIR

JE ME SOUVIENS

JE ME SOUVIENS

VILLA BERTI VIA BEL POGGIO N. 13 IMOLA http://www.villaberti.it/


Condizioni per l'utilizzo degli articoli pubblicati su questo blog

I contenuti degli articoli pubblicati in questo blog potranno essere utilizzati esclusivamente citando la fonte e il suo autore. In difetto, si contravverrà alle leggi sul diritto morale d’autore.
Si precisa che la citazione dovrà recare la dicitura "Pietro Berti, [titolo post] in http://pietrobertiimola.blogspot.com/"
E' poi richiesto - in ipotesi di utilizzo e/o citazione di tutto o parte del contenuto di uno e/o più post di questo blog - di voler comunicare all'autore Pietro Berti anche tramite e-mail o commento sul blog stesso l'utilizzo fatto del proprio articolo al fine di eventualmente impedirne l'utilizzo per l' ipotesi in cui l'autore non condividesse (e/o desiderasse impedire) l'uso fattone.
Auguro a voi tutti un buon viaggio nel mio blog.

Anchorage

Anchorage

domenica 31 ottobre 2010

Sting - discografia completa




Contiene i seguenti album:

1985 – The Dream of the Blue Turtles
1987 – ...Nothing Like the Sun
1988 – ...Nada Como El Sol
1991 – The Soul Cages
1993 – Ten Summoner's Tales
1996 – Mercury Falling
1999 – Brand New Day
2003 – Sacred Love
2006 – Songs from the Labyrinth (Sting & Edin Karamazov - musica di John Dowland)
2009 – If on a Winter's Night...
2010 – Symphonicities (Sting & The Royal Philharmonic Concert Orchestra)




Share/Bookmark



CARMEN - BIZET






Share/Bookmark



sabato 30 ottobre 2010

roller coaster in the word

Verdi - La Traviata







Share/Bookmark



venerdì 29 ottobre 2010

Mussorgsky - Boris Godunov







Share/Bookmark



giovedì 28 ottobre 2010

Monaci Shaolin






Share/Bookmark



Rossini - Guillaume Tell

lunedì 25 ottobre 2010

Jean Sibelius - Finlandia & altre composizioni

Jean Sibelius - sinfonia n.7 op. 105

Jean Sibelius - Sinfonia n. 6 op.104

Jean Sibelius- Symphony n. 5 op. 82

Jean Sibelius - Symphony N.4 Op.63

Jean Sibelius - Sinfonia n. 3 Op.52

Jean Sibelius - Symphony N. 2 Op. 43

Jean Sibelius Symphony n. 1 op. 39

giovedì 14 ottobre 2010

Tchaikovsky - Symphony n 3, La Polacca

Handel - Water Music

Suite in Fa maggiore, HWV 348, 349, 350


Carcere Militare

Carcere Militare

Per poter comprendere l’istituto e le finalità del carcere militare non si può evitare di riprendere alcune nozioni in tema di giustizia militare. Pare certamente necessario e doveroso peraltro utilizzare i materiali di cui al Libro Bianco 2002 pubblicato dal Ministero della Difesa. Ho pubblicato anche il link per poter reperire il testo integrale del volume per chi volesse leggerlo tutto.
Libro Bianco 2002
http://www.difesa.it/Approfondimenti/ArchivioApprofondimenti/Libro+Bianco/

Parte VIII
http://www.difesa.it/Approfondimenti/ArchivioApprofondimenti/Libro+Bianco/Parte+VIII.htm

LA GIUSTIZIA MILITARE
8.1 GENERALITA'8.2 CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA MILITARE8.3 ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA MILITARE8.4 ATTIVITA' GIUDIZIARIA: DATI STATISTICI8.5 PERSONALE DI MAGISTRATURA8.6 PERSONALE NON DI MAGISTRATURA8.7 ASSEGNAZIONE DI PERSONALE MILITARE8.8 ISTITUZIONE DI SEZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA MILITARE8.9 L'ORGANIZZAZIONE PENITENZIARIA MILITARE (OPM - ORGANI ESECUTIVI)8.10 CONSIDERAZIONI8.11 APPLICAZIONE DEL CODICE PENALE MILITARE DI PACE (E NON DI GUERRA) DURANTE LE MISSIONI MILITARI ALL'ESTERO - ASPETTI PROBLEMATICI

8.1 GENERALITA'Il Ministro della Difesa ha, rispetto ai magistrati militari ed al Consiglio della Magistratura militare, C.M.M. le medesime attribuzioni che spettano al Ministro della Giustizia rispetto al Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.), e ai magistrati ordinari.L'art. 103 della Costituzione attribuisce, in tempo di pace, ai tribunali militari l'esercizio della giurisdizione per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze Armate.La legge 7 maggio 1981, n.180, ha apportato una serie di modifiche all'ordinamento giudiziario militare.
8.2 CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA MILITARECon legge 30.12.1988, n.561 è stato istituito il C.M.M., organo di autogoverno, successivamente regolamentato con D.P.R. del 24.3.1989, n.158.Il Consiglio, al fine di garantire la stessa indipendenza riconosciuta ai giudici ordinari, ha, come già detto le medesime attribuzioni spettanti al C.S.M., ivi comprese quelle concernenti i procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati militari.Il C.M.M. è, infatti, competente a deliberare su ogni provvedimento di stato riguardante i magistrati militari e su ogni altra materia ad esso devoluta dalla legge.In particolare, delibera sulle assunzioni della Magistratura Militare, sull'assegnazione di sedi e di funzioni, sui trasferimenti, sulle promozioni, sulle sanzioni disciplinari, sul conferimento ai magistrati militari di incarichi extragiudiziari; esprime pareri e può far proposte al Ministro della Difesa sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie militari e su tutte le materie riguardanti l'organizzazione o il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia militare; dà pareri su disegni di legge concernenti i problemi del settore giudiziario.Sulle materie di competenza del Consiglio, il Ministro della Difesa può avanzare proposte, proporre osservazioni e può intervenire alle adunanze del Consiglio, quando ne è richiesto dal Presidente o quando lo ritenga opportuno, per fare comunicazioni o per dare chiarimenti.Il Ministro, tuttavia, non può essere presente alle deliberazioni.Fanno parte del Consiglio - che dura in carica 4 anni - : il primo presidente della Corte di Cassazione, che lo presiede; il procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione; cinque componenti eletti dai magistrati militari, di cui almeno uno magistrato militare di Cassazione; due componenti estranei alla magistratura militare, scelti d'intesa tra i Presidenti delle due Camere fra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale: uno di essi è eletto dal Consiglio Vice Presidente.L'attuale Consiglio - che è il IV dalla legge istitutiva - si è insediato il 31 luglio 2001.
8.3 ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA MILITAREGli Uffici giudiziari militari si distinguono in organi requirenti (Procura generale militare presso la Suprema Corte di Cassazione; Procura generale presso la Corte militare d'Appello e 9 Procure militari presso i Tribunali militari) e organi giudicanti (Corte militare d'Appello, 9 Tribunali militari e Tribunale militare di sorveglianza).Presso ogni tribunale militare, organo giudiziario di 1° grado, è istituito un ufficio del giudice per le indagini preliminari e uno del giudice per l'udienza preliminare, la cui organizzazione non presenta particolarità rispetto ai corrispondenti uffici esistenti presso i tribunali ordinari.Ai sensi della legge 180/81, i tribunali militari giudicano con l'intervento del presidente del tribunale militare, che lo presiede o, in caso di impedimento, di un magistrato militare di appello, con funzioni di presidente; di un magistrato militare di tribunale o di appello, con funzioni di giudice; di un militare di una delle FF.AA. o della Guardia di Finanza, di grado pari a quello dell'imputato e comunque non inferiore al grado di ufficiale, estratto a sorte, con funzioni di giudice.
Organo di secondo grado è la Corte militare d'Appello, istituita con l'art.3 della legge 7.5.1981, n.180, che giudica sull'appello proposto avverso i provvedimenti emessi dai tribunali militari.Alla Corte militare d'Appello sono devolute, altresì, le competenze che l'art.45 dell'ordinamento giudiziario militare (R.D. 9 settembre 1941, n.1022) attribuiva al Tribunale supremo militare in composizione speciale (riabilitazione militare; reintegrazione nel grado, ecc.).Il Collegio giudicante della Corte militare d'Appello è formato dal presidente della Corte stessa o, in caso di impedimento, da un magistrato militare di Cassazione o di Appello, con funzioni di presidente; da due magistrati militari di appello, con funzioni di giudice; da due militari di una delle FF.AA. o della Guardia di Finanza, di grado pari a quello dell'imputato e, comunque, non inferiore a tenente colonnello, estratti a sorte, con funzioni di giudice.
Vi è poi il Tribunale militare di sorveglianza - istituito dal D.L. 27.10.1986, n.700, convertito con legge 23.12.1986, n.897, a seguito del riordinamento degli organi di sorveglianza della giurisdizione ordinaria - competente a vigilare sull'esecuzione delle pene (fig. 1).Il suddetto Tribunale si compone di tutti i magistrati militari di sorveglianza e di esperti nominati dal C.M.M., nell'ambito delle categorie indicate dall'art.80, IV comma, della legge 26.7.1975, n.354 (professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia e psichiatria), nonché fra i docenti di scienze criminalistiche.
TABELLA ITALIA (File Pdf 495 Kb)
8.4 ATTIVITA' GIUDIZIARIA: DATI STATISTICINel corso dell'anno 2000 - come emerge dagli esiti di un'indagine conoscitiva promossa dal Consiglio della Magistratura Militare - gli Uffici giudiziari militari di primo grado hanno pronunciato 4010 sentenze dibattimentali (di cui 870 di patteggiamento), alle quali vanno aggiunte 1500 sentenze rese dai giudici per l'udienza preliminare - dati questi pressocchè costanti rispetto a quelli degli ultimi anni.Gli uffici requirenti di primo grado, invece, sempre nel medesimo anno di riferimento, hanno esercitato l'azione penale in circa 4300 casi, a fronte dei quasi 9000 dell'anno 1997 (meno 50%).I dati relativi agli uffici giudiziari militari d'appello, a quelli di sorveglianza e alla Procura generale militare presso la Suprema Corte di Cassazione fanno emergere come l'attività giudiziaria sia numericamente limitata e, comunque, tendenzialmente in diminuzione.Tale quadro non deve, tuttavia, indurre a ritenere - come sostenuto dallo stesso Consiglio in una recente delibera - che il lavoro e le esigenze degli uffici giudiziari militari, con la riduzione del personale di leva, siano destinati necessariamente a diminuire.Infatti, se da un lato è vero che statisticamente si è registrato un decremento dei reati tipici commessi dal personale di leva cosiddetti reati di "assenza" (mancanza alla chiamata, diserzione, ecc.), è altrettanto vero che sono lievitati i reati cosiddetti di "carattere", soprattutto alcune tipologie di delitti come quelli patrimoniali contro la P.A..Ciò comporta che se numericamente il carico di lavoro può apparire diminuito, nella realtà tali tipologie di reati di "carattere", per le difficoltà delle indagini e dei dibattimenti, determinano un impegno lavorativo molto più elevato rispetto al precedente.Inoltre, occorre tenere presente il carico di lavoro che è derivato dal nuovo codice di procedura penale che ha introdotto (1989) il cosiddetto rito "accusatorio" in cui la prova si forma con il contraddittorio delle parti, nonché la neo istituzione degli Uffici del giudice per le indagini preliminari (gip) e del giudice per l'udienza preliminare (gup).
8.5 PERSONALE DI MAGISTRATURAIn tale contesto, la situazione di copertura dell'organico dei magistrati militari si presenta, allo stato, abbastanza soddisfacente, tenuto anche conto della circostanza che nell'immediato si prevedono pochi collocamenti in quiescenza.A fronte di un organico di 103 magistrati militari, infatti, attualmente si registrano 83 presenze cui sono da aggiungere altre 13 unità di recente nomina che stanno completando il periodo di uditorato, ultimato il quale saranno immessi nelle relative funzioni.Per la copertura dei residui 7 posti, è in fase di espletamento il concorso per titoli (riservato ai magistrati ordinari).Il Consiglio della Magistratura militare, tuttavia, ha evidenziato, per il medio termine, le difficoltà legate alle particolari modalità di immissione in servizio dei magistrati militari.In particolare, il concorso per l'accesso nella Magistratura militare si svolge in due fasi, la prima delle quali riservata ai magistrati ordinari, e una successiva riservata ai laureati.I magistrati ordinari vincitori, però, frequentemente raggiungono le sedi loro assegnate solo se di gradimento e solo se nel frattempo non hanno potuto soddisfare le loro aspirazioni di trasferimento nell'ambito dell'ordine giudiziario di provenienza.Da ciò conseguono inevitabili lungaggini e riflessi negativi sulla copertura degli uffici.
8.6 PERSONALE NON DI MAGISTRATURA (riepilogo prospetto 2)Per quanto invece riguarda il personale non di magistratura, i vigenti organici dei dirigenti, funzionari, collaboratori e assistenti di cancelleria prevedono 7 unità dirigenziali, 14 direttori di cancelleria, 26 funzionari di cancelleria, 40 collaboratori di cancelleria, 36 assistenti giudiziari e 173 unità di IV e V qualifica funzionale.Attualmente, se si è provveduto alla completa copertura dei posti di IV e V qualifica funzionale, si registrano nelle altre qualifiche delle vacanze, destinate tuttavia ad essere ripianate nel breve periodo: in parte mediante procedure concorsuali e in parte mediante il ricorso alle procedure di riqualificazione.Quanto ai concorsi, l'Amministrazione, dopo aver richiesto e ottenuto - in sede di programmazione triennale del fabbisogno di personale, ai sensi dell'art.39, comma 1, della legge 449/97 - l'autorizzazione dalla Presidenza del Consiglio, ha bandito, nel decorso mese di luglio, i concorsi relativi a varie qualifiche: n. 9 posti di funzionario di cancelleria, n. 12 posti di collaboratore di cancelleria e n. 31 posti di assistente giudiziario.
PERSONALE NON DI MAGISTRATURA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (File Pdf 317 KB)
Le procedure di riqualificazione, per i restanti posti, sono invece in fase di ultimazione.Per il personale non di magistratura la legge 3.2.1989, n.38 ha istituito presso il Ministero della Difesa il Consiglio di Amministrazione per il personale delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, che oltre ad avere le attribuzioni previste dalla legge in materia di personale, svolge anche le funzioni di consiglio di disciplina.Il suddetto Consiglio, costituito all'inizio di ogni biennio con decreto del Ministro, è composto da un magistrato militare di Cassazione, nominato alle funzioni direttive superiori, che lo presiede; un magistrato militare con funzioni di giudice di appello; il dirigente più anziano tra i dirigenti delle cancellerie militari e un dirigente in servizio presso la Direzione Generale per il Personale Civile.
8.7 ASSEGNAZIONE DI PERSONALE MILITAREUna problematica molto delicata è rappresentata dall'assegnazione di personale militare a supporto degli Uffici Giudiziari Militari, personale che attualmente (compresi CC e G di F) si approssima alle 400 unità.Il nuovo modello professionale verso cui sta evolvendo lo strumento militare, avrà come conseguenza, nelle FF.AA., sia la drastica riduzione del numero dei "Quadri" (Ufficiali e Sottufficiali), sia la graduale sospensione della ferma di leva. Pertanto, in un futuro molto prossimo, le FF.AA. saranno nell'impossibilità di poter sostenere e fronteggiare le richieste degli Organi della G.M., in particolare di quelli dislocati in periferia.Conseguentemente, per assicurare il funzionamento delle cancellerie giudiziarie militari (onere posto a carico dell'A.D. ex art. 15 L. 180/1981), si dovrà prevedere esclusivamente l'impiego di personale civile ausiliario.La suesposta problematica (estesa anche all'insostenibile sovrassegnazione di autovetture a servizio degli Uffici Giudiziari Militari: 63 a fronte delle 37 previste dal D.I. 06.11 1990), è all'esame di apposito Gruppo di Lavoro, costituito su disposizione del Gabinetto del Ministro presso lo Stato Maggiore della Difesa (SMD) e comprendente rappresentanti, oltre di SMD (che presiede) e del Gabinetto del Ministro, anche degli Stati Maggiori di Forza Armata, dei Comandi Generali CC. e G. di F., del Segretariato Generale della Difesa e della Magistratura Militare.
8.8 ISTITUZIONE DI SEZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA MILITAREL'istituzione di Sezioni di polizia giudiziaria militare presso ciascuna Procura militare della Repubblica è un'esigenza vivamente avvertita dall'Ordinamento giudiziario militare; se ne sono fatti portavoce più volte il Consiglio della Magistratura militare nelle sue delibere plenarie ed il Procuratore generale militare della Repubblica presso la Corte militare di Appello nella periodica relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Sul punto appare opportuno che venga predisposta una disciplina organica tenendo conto della peculiare condizione militare e assicurando l'armonizzazione dei compiti e delle responsabilità di PGM dei Comandanti di Corpo con le attribuzioni proposte per le Sezioni la cui istituzione potrà essere analizzata nell'ambito di una più ampia riforma dell'ordinamento giudiziario penale militare.Al momento, tuttavia, pur in assenza dello specifico veicolo legislativo, le necessità segnalate negli anni dalle diverse Procure militari, sono state talora soddisfatte ricorrendo all'assegnazione, sul solo piano effettivo, del personale richiesto appartenente all'Arma dei Carabinieri.
8.9 L'ORGANIZZAZIONE PENITENZIARIA MILITARE (OPM - Organi esecutivi)L'OPM costituisce un settore di attività alle dipendenze dello SM dell'Esercito.Le carceri militari sono istituzionalmente preposte alla custodia di detenuti militari per reati militari (Decreto Luogotenenziale 27 ottobre 1918, Regio Decreto 306/1943 e art.26 CPMP) che, conservando lo stato giuridico militare, continuano ad essere soggetti a leggi (penali) e regolamenti (disciplinari) propri di tale stato, sotto la giurisdizione della Magistratura militare, e ricevono un trattamento rieducativo-addestrativo diretto a favorire il loro reinserimento nelle unità delle Forze Armate e nel contesto civile della società.Per effetto della legge 121/1981 (art. 79), nelle carceri militari possono essere reclusi anche gli appartenenti alle Forze di Polizia (FP) detenuti per qualsiasi reato, su richiesta degli interessati. In mancanza di specifica richiesta, i detenuti delle FP vengono ristretti presso le "Sezioni protette" degli Istituti di pena civili (IPC). Tali compiti di detenzione delle carceri militari sono verificati nella loro esecuzione dalla:- Magistratura di Sorveglianza militare e ordinaria, rispettivamente per i detenuti definitivi militari e per gli appartenenti alle FP;- Autorità giudiziaria militare e ordinaria procedente, rispettivamente per gli altri detenuti militari e gli altri appartenenti alle FP.Tale realtà, con sempre più frequenti "affidamenti" di "particolari detenuti" sottoposti ad una sorveglianza tipica di IPC "di massima sicurezza", ha accentuato la "devianza d'impiego" di un'organizzazione normalmente dedicata a compiti di carattere esclusivamente militare.Attualmente, infatti, per effetto della promiscuità di detenuti militari e civili, di trattamenti detentivi e di competenze giudiziarie, il personale militare vigilatore deve di fatto assolvere funzioni tipiche di un IPC "di massima sicurezza" secondo leggi e norme che al momento sono eterogenee fra loro, con assunzione da parte dello stesso di responsabilità tipiche dell'organizzazione civile.Al momento, le esigenze di detenzione militare sono soddisfatte interamente dall'Esercito, per il tramite di una struttura basata su:- un Comando a livello Generale di Brigata, con sede in Sulmona;- un battaglione addestramento reclute (57° btg. f. "Abruzzi") nella stessa sede, incaricato di formare anche il personale (U., SU. e Mil.Tr.) destinato a compiti di "vigilanza detenuti";- 2 carceri militari attive, rispettivamente in Roma (Forte Boccea) e S. Maria Capua Vetere (CE);- 3 Sezioni di carcere militare in posizione "Quadro" nelle sedi di Peschiera del Garda (VR), Cagliari e Palermo.Da sottolineare che tali esigenze, già a suo tempo ridottesi con la sottrazione degli "obiettori" alla giustizia militare (per effetto della sentenza n. 358/1993 della Corte Costituzionale), si ridurranno ulteriormente in considerazione che le tipologie dei reati dei militari detenuti nelle carceri militari (mancanza alla chiamata e diserzione) sono quasi esclusivamente connesse con il servizio obbligatorio di leva che è destinato a scomparire nel breve-medio termine.In tale quadro, appare evidente la ridondanza della struttura che potrebbe essere razionalizzata individuando un'unica sede ove concentrare tutte le citate componenti, prevedendo il trasferimento del Comando OPM da Sulmona a S. Maria Capua Vetere e la contrazione del carcere militare di Roma a Sezione "Quadro".Tale provvedimento consentirà di soddisfare pienamente le esigenze di detenzione militare, nella sede di S. Maria Capua Vetere, dove sono stati completati i lavori di ammodernamento e di ampliamento della capacità ricettiva.Si rendono, altresì, necessarie adeguate soluzioni connesse con la: - possibile detenzione militare femminile;- attuale legislazione/regolamentazione penitenziaria militare, risalente al 1918 e al 1943;- diminuzione della disponibilità di personale vigilatore e custode da impiegare nelle carceri militari che al momento è essenzialmente tratto da quello in servizio obbligatorio di leva.
8.10 CONSIDERAZIONIIl disegno riformatore relativo all'Amministrazione della Difesa, non ancora compiuto, non ha sinora riguardato l'amministrazione giudiziaria militare. L'area della giustizia militare è rimasta pressocchè immutata nel tempo.Se da un lato la spiccata autonomia di tale ordinamento ne costituisce la fondante ragione , dall'altro potrebbe non essere del tutto coerente una siffatta scelta che quanto meno dovrebbe essere adeguatamente approfondita per essere confermata.I profili che potrebbero essere affrontati riguardano sia la competenza della magistratura militare sia, in un nesso inscindibile, l'ordinamento.Occorre non solo proiettarsi nel medio-lungo periodo e cercare di anticipare i tempi, ma anche rivisitare opzioni che potrebbero per una loro condivisa opportunità essere introdotte, qualora innovative dell'attuale sistema, nel mondo giuridico.
8.11 APPLICAZIONE DEL CODICE PENALE MILITARE DI PACE (E NON DI GUERRA) DURANTE LE MISSIONI MILITARI ALL'ESTERO - Aspetti problematiciL'art. 9 c.p.m.g., risalente al pari di quello di pace al 1941, prescrive che: "Sono soggetti alla legge penale militare di guerra, ancorchè in tempo di pace, i corpi di spedizione all'estero per operazioni militari, dal momento in cui si inizia il passaggio dei confini dello Stato e, se trattasi di spedizione oltremare, dal momento in cui s'inizia l'imbarco del corpo di spedizione.Per gli equipaggi delle navi militari o degli aeromobili militari, la soggezione alla legge penale militare di guerra ha inizio dal momento in cui è ad essi comunicata la destinazione alla spedizione".La disposizione, statuendo l'applicazione della legge penale militare di guerra a tutti i Corpi - equipaggi terrestri, navali ed aerei - allorchè vengono inviati all'estero per azioni militari, consente sia l'esercizio dell'azione penale verso tutti quei reati tipici codificati in siffatta legge eventualmente commessi da militari italiani, sia la perseguibilità di specifici reati commessi a danno di questi ultimi.Se questa è la norma di riferimento in materia, occorre dire che sinora il Legislatore, in occasione delle numerose missioni all'estero che le nostre FF.AA. sono state chiamate a svolgere, ha scelto di applicare il solo codice penale militare di pace.La soluzione adottata ha come conseguenza anche l'impossibilità di perseguire i cosiddetti "crimini di guerra" le cui fattispecie sono contenute negli artt. da 165 a 230 c.p.m.g. all'epoca molto anticipatorio sul punto rispetto alle norme internazionali vigenti, ma che nel tempo avrebbe richiesto un aggiornamento alla luce delle convenzioni successivamente ratificate in materia dall'Italia.Inoltre, un ulteriore effetto della scelta operata dal Legislatore è da rinvenire nell'inapplicabilità nelle operazioni militari all'estero delle norme di diritto bellico, di diritto internazionale umanitario e di quelle disposizioni volte a consentire una migliore tutela dei nostri militari.In tale contesto sinora si è cercato di sopperire con istruzioni interne e con le cosiddette "regole di ingaggio", la cui violazione rileva eventualmente solo sul piano disciplinare. Tuttavia, attesa anche la vastità della materia, esse non possono considerarsi risolutive del problema.Unico punto fermo rimane la giurisdizione del Tribunale militare di Roma in ordine a tutti i reati militari commessi all'estero da appartenenti ai contingenti impiegati.La sospensione sempre sancita dal Legislatore del c.p.m.g. nei confronti delle forze militari impiegate all'estero ha la sua ratio verosimilmente in fattori di natura più psicologica che giuridica.Il termine "guerra" suscita nell'immaginario collettivo scenari che si vorrebbero esorcizzare con l'abolizione della parola dal linguaggio comune. Ma è giunto il momento di razionalizzare la materia e conformare la situazione di diritto a quella di fatto.E' interesse delle FF.AA. e degli operatori disporre di un quadro di riferimento aggiornato, certo e compatibile con i principi costituzionali, con le convenzioni internazionali ratificate e con le emergenti fattispecie dettate dall'esperienza operativa. I risultati non possono che essere del tutto positivi sul piano sostanziale e processuale.Orbene, è per tali significative ed ineludibili finalità che il Governo si è fatto carico del problema e con decreto-legge, stante la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni volte a disciplinare la partecipazione italiana all'operazione multinazionale denominata "Enduring-Freedom" contro il terrorismo, ha provveduto ad applicare il codice penale militare di guerra al personale impiegato.Ciò comporterà una particolare tutela penale inerente alla condizione e all'interesse militare e consentirà l'applicazione di alcune norme contro le leggi e gli usi della guerra, cioè di diritto umanitario.Tuttavia, si è dovuto stabilire la non applicazione a detta operazione delle disposizioni sulla procedura militare di guerra e quelle concernenti il relativo ordinamento giudiziario.Contestualmente al predetto provvedimento, il Governo, attese le significative implicazioni di natura sostanziale e processuale, ha approvato anche un disegno di legge recante modifiche allo stesso codice penale militare di guerra, non limitate alla sola operazione "Enduring-Freedom".Infatti diverse disposizioni sostanziali del codice penale militare di guerra appaiono contrastanti con alcuni principi costituzionali ed altre richiedono un adeguamento all'ordinamento militare ridefinito e alle mutate circostanze di fatto.L'iniziativa legislativa ha, così, il pregio di introdurre un aggiornato assetto nel pieno rispetto di tutti gli interessi in gioco, modernizzando in definitiva la materia.Peraltro, entrambe le iniziative si coniugano in modo puntuale con l'esigenza in tal senso prospettata dal C.M.M.. Un più radicale e incisivo intervento di riforma dei codici non potrà che essere realizzato nei dovuti modi e nei necessari tempi, che, attesa la complessità dei temi in discussione, è verosimile ritenere non brevi.



Si consiglia la lettura di questi due articoli sul tema tratti dal sito web http://poliziadistato.it/poliziamoderna/articolo.php?cod_art=1125
L’ultimo carcere
Un giorno hanno indossato la divisa delle forze armate o delle forze dell’ordine, ora si trovano in prigione. La vita dei detenuti dell’unico penitenziario militare rimasto attivo in Italia
Anacleto Flori
Il frastuono del traffico cittadino cessa come per incanto quando la pesante porta carraia si richiude alle nostre spalle, rivelando lo scenario consueto di una caserma: mura di cinta tutt’intorno, palazzine basse e ben tenute, il piazzale dell’alzabandiera e ampi viali ordinati lungo i quali si muovono gruppi di giovani volontari in tuta mimetica. Quello che colpisce è la sensazione di assoluta tranquillità, mentre ci guardiamo intorno stupiti, cercando di trovare, al di là di alcune torrette di controllo che campeggiano in alto, qualche traccia evidente, i segni inequivocabili del carcere. E sì perché questa di Santa Maria Capua Vetere (CE) non è una caserma come tutte le altre, proprio tra le sue mura si trova, dopo la chiusura delle storiche strutture di Forte Boccea a Roma e di Peschiera del Garda (VR) l’ultimo penitenziario militare attivo. La prigione vera e propria è situata all’interno di un edificio su due piani, a ferro di cavallo, presidiato da soldati armati; qui i controlli diventano più rigorosi e, nonostante la totale assenza di tentativi di evasione, prima di entrare bisogna sottoporsi ad una accurata perquisizione. Una volta superata l’accogliente sala colloqui, dove tavolini e sedie hanno preso il posto della tavolata e del vetro divisorio, sono i lunghi corridoi intervallati da pesanti cancelli di ferro e le piccole celle, con tanto di spioncini e inferriate alle finestre, a suscitare nel visitatore il disagio psicologico, tipico di un luogo chiuso. Qui i detenuti si trovano a condividere non solo la privazione della libertà e l’angusto spazio di una cella ma anche la stessa condizione esistenziale: quella di avere un giorno indossato una divisa, di essere stati per un periodo della propria vita dall’altra parte della barricata, dalla parte della legge e non dei malfattori. La popolazione carceraria di Santa Maria Capua Vetere (un centinaio circa di reclusi) è infatti composta non solo da persone provenienti dai ranghi dell’esercito, dell’aeronautica e della marina, colpevoli di reati militari, ma anche da appartenenti alle forze di polizia (poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali e guardie penitenziarie) che hanno volontariamente scelto, in base all’art.79 della legge 121/81, di scontare qui la loro pena, piuttosto che in un carcere civile. “A quest’ora (sono circa le 10,30, ndr) le celle sono quasi tutte vuote – fa notare il direttore carcerario, il tenente colonnello Antonio del Monaco – perché dopo la sveglia (alle 7,00) e la celebrazione della Santa Messa i detenuti sono impegnati con i gruppi di lavoro per tutta la mattinata. Siamo infatti convinti che in un carcere che non vuole più essere inteso come luogo di segregazione, la condivisione di attività lavorative ma anche culturali e ricreative diventa un elemento rieducativo fondamentale”. Da qui la creazione di spazi comuni come la biblioteca, la palestra, la sala tv, la cappella, una mensa in cui guardie e carcerati mangiano lo stesso cibo, e perfino l’allestimento di una squadra di calcio, iscritta al campionato regionale di 3^ categoria, in cui giocano fianco a fianco, unico caso in Italia, carcerati, sorveglianti e perfino un magistrato. “Inoltre – continua il comandante – all’interno della caserma c’è anche un’area verde in cui i detenuti, in occasione di feste come il Natale o la Pasqua, possono trascorrere fuori dal carcere un’intera giornata con le proprie famiglie; famiglie molto spesso segnate da profondi processi di disgregazione a causa delle vicende processuali e penali. Ricucire con pazienza la trama dei tessuti affettivi gioca allora un ruolo fondamentale per la riuscita del futuro reinserimento: un aspetto su cui abbiamo puntato molto, organizzando, con il finanziamento della regione Campania, corsi di formazione professionale (giardinaggio e pittura) riservati al personale recluso ma anche auspicando l’apertura, proprio qui, di una succursale dell’Istituto alberghiero di Teano”. Spirito di condivisione dunque, ma anche, per motivi logistici, alcune necessarie differenziazioni, come la creazione, ad esempio, di distinte sezioni carcerarie in cui trovano posto i detenuti militari, quelli delle forze dell’ordine e i condannati a lunghe pene detentive (gli ergastolani, a differenza degli altri, vivono in celle singole). Il recente arrivo di una detenuta, ha inoltre reso necessario l’allestimento di una sezione femminile. Anche le attività sono diversificate a seconda dello status giuridico di appartenenza: i militari di carriera svolgono per lo più esercitazioni ed addestramenti, perché nel loro caso la pena da scontare è finalizzata soprattutto al reinserimento nei rispettivi corpi. Discorso diverso invece per gli appartenenti alle forze dell’ordine, che sono per lo più impiegati nella manutenzione delle infrastrutture e nei servizi logistici della caserma (bar, mensa, casermaggio e magazzini). Ed è proprio qui che si riscontra la maggiore disparità di trattamento: mentre il lavoro dei detenuti provenienti dalle forze armate viene retribuito (la paga è quella di un ex soldato di leva), poliziotti, finanzieri, carabinieri, forestali e penitenziari, ormai smilitarizzati, lavorano a titolo gratuito e volontario (per loro non è possibile applicare il trattamento previsto dall’ordinamento penitenziario militare).Intanto i primi detenuti, facilmente riconoscibili dalla tuta grigia a bande bianche, iniziano a rientrare per il pranzo: alcuni sono accompagnati da sorveglianti, altri invece arrivano da soli senza alcuna scorta: sono quelli che potremmo definire (citando Brubaker, uno dei più bei film sul mondo carcerario, interpretato da Robert Redford) gli affidabili; detenuti cui vengono spesso assegnati lavori di responsabilità e liberi di circolare all’interno della caserma senza particolari restrizioni. “Quello della affidabilità è un vero e proprio attestato di fiducia – sottolinea Elisabetta Bosco, sociologa del Nucleo osservazione scientifico della personalità – concessso ai detenuti dopo un periodo di osservazione di una sessantina di giorni. Una scelta coraggiosa e responsabile da parte dell’amministrazione penitenziaria anche perché la decisione viene presa, tenendo conto soprattutto degli aspetti personali e comportamentali più che del tipo di reato commesso”.Un atteggiamento di apertura, reso possibile dall’unicità dei reati commessi, dall’assenza cioè di recidiva: è come se le persone rinchiuse in questo carcere si siano trovate, a un certo punto della propria vita di fronte a una sorta di tragico “incidente di percorso”, con tutto il suo carico di dolorose conseguenze.“Nella maggior parte dei casi – spiega infatti la sociologa – si tratta di delitti passionali o di reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, da soggetti che si sono fatti in qualche modo contagiare dalla vicinanza dei comportamenti illegali. In ogni caso ci troviamo di fronte a persone che conservano anche in carcere una sorta di etica professionale, con dei valori morali che hanno, solo per un attimo, abbandonato: da qui anche l’incredulità, l’incapacità quasi di rendersi conto di trovarsi ormai dall’altra parte della barricata”. È il caso di Alfonso, un detenuto sulla cui onestà lo stesso comandate del Monaco metterebbe la mano sul fuoco: più di un decennio di polizia alle spalle, trascorso come esperto di motori presso l’autoparco della questura di Roma fino al momento dell’arresto e della condanna all’ergastolo per concorso nell’omicidio della moglie, da cui si era appena separato. Nessuno potrà restituire la vita a quella giovane donna e Alfonso ha pagato e sta pagando per questo. Ma anche a lui non è rimasto molto: non la gioia dei suoi figli, che non ha più rivisto dal giorno del suo arrivo a Santa Maria Capua Vetere, non il lavoro di poliziotto, che pure aveva rappresentato il coronamento di una passione coltivata fin da ragazzino, ma solo l’affetto immutabile e le rare visite dei suoi anziani genitori. Ora, dopo sette lunghi anni di buona condotta per lui si apre la prospettiva della semi libertà: intanto, tra queste mura, ha conosciuto un modo diverso di vivere e la speranza del perdono.Perché per lui, come per tutti gli altri, alla fine c’è da fare i conti con un diffuso giudizio morale, difficile da sopportare: da un delinquente di strada, magari con un passato difficile ci si può attendere determinati comportamenti criminali, ma da un carabiniere o da un poliziotto, assolutamente no. Per alcuni può diventare una colpa imperdonabile che merita una doppia condanna, sociale prima ancora che penale.Intanto tra storie di drammatica umanità e piccoli segnali di speranza, il giorno è scivolato via: la porta carraia cigola piano sui cardini, restituendoci all’abbraccio caotico della città. Per chi rimane al di là del muro, inizia l’attesa del controllo delle 22,30, quello che sancisce la fine della giornata: è l’ultimo rito quotidiano da poter condividere insieme agli altri. Poi è tempo di rimanere soli, con n la propria coscienza.
“Catena militare” fu il primoSi chiamava così il primo carcere in Italia destinato alla custodia di soldati di cui si ha conoscenza attraverso un “regio biglietto” del 1822. Sorgeva a Genova, presso i cui arsenali i detenuti lavoravano sotto la sorveglianza dei gendarmi della città e della Marina. Ma è solo nel 1840, con l’emanazione del nuovo codice penale che si diffonde il termine di reclusione militare, la cui evoluzione porterà nel 1852 al concetto di rieducazione, grazie al quale i detenuti potranno produrre indumenti e oggetti da mettere in vendita e da cui ricavare la propria “mercede”. Seguirà poi la riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975 e la legge 121/81 che sancirà la possibilità per il personale delle forze di polizia di scontare, come scelta personale, la propria pena all’interno dei carceri militari, il cui numero, però, si è andato via via riducendo nel corso degli anni. Nel 1918 se ne contavano dodici, di cui ben undici di prevenzione, più un reclusorio militare a Gaeta; nel 1990 l’ordinamento penitenziario militare prevedeva tre carceri militari Roma, Peschiera del Garda e Santa Maria Capua Vetere e cinque sezioni distaccate, mentre con la ristrutturazione dell’ordinamento del 2005, l’unico carcere attivo rimane quello campano. Attualmente a capo della struttura carceraria di Santa Maria Capua Vetere, ospitata nella caserma “Ezio Andolfato” e con l’assetto ordinativo di un battaglione, c’è un comandante che è al tempo stesso direttore del carcere e delegato dell’autorità giudiziaria.Gianluca Picardi

mercoledì 13 ottobre 2010

Il Carcere e le misure alternative alla detenzione

Carcere e le misure alternative alla detenzione

Vita in carcere: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_8.wp

Carcere e alternative
La vita in carcere, le modalità per telefonare, andare su internet o ricevere visite, ma anche le misure alternative alla detenzione e le informazioni per chi vuole fare volontariato in carcere o per chi vuole acquistare i prodotti realizzati nelle strutture carcerarie.
Cosa si può portare o spedire al detenuto
Dove

Fare volontariato in carcere
Dove

Il colloquio con la persona detenuta
Dove

Rebibbia Nuovo Complesso: prenotare un colloquio online
Dove
Moduli

Remissione del debito




Carcere e alternative
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3.wp


La legge 26 luglio 1975 n. 354, "Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà", prevede diverse modalità di esecuzione delle pene, dalla privazione totale della libertà a limitazioni parziali di essa. Ne deriva un sistema articolato e complesso del quale il carcere è solo un aspetto, comprendendo anche le misure alternative alla detenzione e, in generale, l’area penale esterna.
Questa sezione descrive l’organizzazione penitenziaria sul territorio ed illustra alcune delle "attività trattamentali", cioè gli interventi tesi a formare o a consolidare nelle persone detenute le attitudini sociali e civili, ai fini della loro risocializzazione. Alcuni approfondimenti sono dedicati a materie oggetto di importanti cambiamenti, come il passaggio della medicina penitenziaria al servizio sanitario nazionale, o a temi di particolare rilievo sociale e umano, come quello delle detenute madri che l’amministrazione della giustizia intende affrontare con la creazione di apposite strutture a custodia attenuata.
Misure alternative o di comunità
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa per mezzo della Raccomandazione (92) 16, rifacendosi al termine anglosassone community sanction, fornisce la seguente definizione di misura/sanzione alternativa o di comunità: sanzioni e misure che mantengono il condannato nella comunità ed implicano una certa restrizione della sua libertà attraverso l’imposizione di condizioni e/o obblighi e che sono eseguite dagli organi previsti dalle norme in vigore.
Tale nozione designa le sanzioni decise da un tribunale o da un giudice e le misure adottate prima della decisione che impone la sanzione o al posto di tale decisione, nonché quelle consistenti in una modalità di esecuzione di una pena detentiva al di fuori di uno stabilimento penitenziario.
Tutte le amministrazioni occidentali, compresa quella italiana, incaricate di tale parte dell’esecuzione penale condividono tale definizione.
Le misure alternative alla detenzione o di comunità, consistono nel seguire un determinato comportamento, definito possibilmente d’intesa fra il condannato e l’ufficio di esecuzione penale esterna che lo abbia preso in carico; il contenuto del comportamento da assumere è ciò che viene normalmente indicato come un “programma di trattamento”, espressione applicabile anche ai condannati posti in misura alternativa o di comunità.
In Italia le misure alternative alla detenzione o di comunità vengono introdotte dalla legge 26 luglio 1975, n. 354.
La competenza a decidere sulla concessione delle stesse è affidata al Tribunale di sorveglianza.
Gli Uffici di esecuzione penale esterna sono strutture che provvedono all’esecuzione delle misure alternative o di comunità e che, a tal fine, collaborano con gli enti locali, le associazioni, le cooperative sociali e le altre agenzie private e pubbliche presenti nel territorio per l’azione di inclusione sociale e con le forze di polizia per l’azione di controllo e contrasto della criminalità.
Quanto ai tratti propri dell’attività degli uffici, i principali campi di azione si esplicano in tre aree di intervento:
• attività di indagine, consulenza alla Magistratura di Sorveglianza sulla situazione familiare, sociale e lavorativa, prognosi di reinserimento dei richiedenti una misura alternativa;
• collaborazione alle attività di osservazione e trattamento rieducativo dei detenuti;
• attività di aiuto e controllo delle persone sottoposte a misura alternativa o di comunità, alla libertà vigilata ed alle sanzioni sostitutive.
Presso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Ministero della giustizia è istituita la Direzione generale dell'esecuzione penale esterna che svolge compiti di indirizzo e coordinamento dell’area penale esterna.

Affidamento in prova al servizio sociale
È considerata la misura alternativa alla detenzione per eccellenza, in quanto si svolge totalmente nel territorio, mirando ad evitare al massimo i danni derivanti dal contatto con l'ambiente penitenziario e dalla condizione di privazione della libertà.
È regolamentata dall'art. 47 dell'Ordinamento Penitenziario, così come modificato dall'art. 2 della Legge n. 165 del 27 Maggio 1998 e consiste nell'affidamento al servizio sociale del condannato fuori dall'istituto di pena per un periodo uguale a quello della pena da scontare.

Requisiti per la concessione
1. pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a tre anni;
2. a. osservazione della personalità, condotta collegialmente in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati;
2. b. aver tenuto un comportamento tale da consentire lo stesso giudizio di cui sopra anche senza procedere all'osservazione in istituto.
Con la Legge n. 231 del 12.07.99 che ha introdotto l'art. 47 quater, per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, è previsto che l'affidamento in prova al servizio sociale può essere concesso anche oltre i limiti di pena previsti.

Limiti alla concessione
I detenuti e gli internati per particolari delitti (416bis e 630 c.p., art. 74 D.P.R. 309/90, ecc.) possono ottenere l'affidamento in prova al servizio sociale (ed anche le altre misure alternative) solo se collaborano con la giustizia (artt. 4bis e 58ter L. 354/75).
I detenuti e gli internati per altri particolari delitti (commessi per finalità di terrorismo, artt. 575, 628 3º c., 629 2º c., c.p., ecc.) possono essere ammessi all'affidamento (o ad un'altra misura alternativa) solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.
Il D.L. 306/92 (convertito dalla L. n. 356 del 07/08/1992) ha altresì introdotto altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative, con l'aggiunta di nuovi commi all'art. 4bis ed all'art. 58quater dell'ordinamento penitenziario, per i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità commesso durante un'evasione, un permesso premio, il lavoro all'esterno o durante una misura alternativa.
La legge 231 del 12.07.99 all'art.5 ha disposto per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la non applicazione del divieto di concessione dei benefici previsto per gli internati e coloro che sono detenuti per i reati dell'art.4-bis della 354/75, fermi restando gli accertamenti previsti dai commi 2, 2/bis e 3 dello stesso articolo.

Istanza di affidamento

L'istanza per poter usufruire della misura dell'affidamento deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria:
• se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell'esecuzione della pena, entro trenta giorni dalla notifica (Modello istanza), come previsto dall'art. 656 c.p.p. così come modificato dalla Legge 165 del 27.5.98. Il Pubblico Ministero trasmette l'istanza al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l'udienza;

• se il soggetto è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione, il quale può sospendere l'esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza, nel caso in cui siano offerte concrete indicazioni circa:
- l'esistenza dei presupposti necessari per l'ammissione all'affidamento,
- l'esistenza di un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione,
- l'assenza di un pericolo di fuga.
Se il soggetto è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, o da altra malattia particolarmente grave, l'istanza deve essere corredata da idonea certificazione come previsto nell'art. 5 comma 2, della L. 231/99.
Se l'istanza non è accolta, riprende o si da inizio all'esecuzione della pena.
Non può essere accordata altra sospensione dell'esecuzione per la medesima pena, anche se vengono presentate altre istanze di diverse misure alternative.

Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna prima della concessione
• se il soggetto è in libertà, svolge l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza
• se il soggetto è detenuto, partecipa al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza.
In entrambi i casi l'Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all'Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un'ipotesi di intervento e di inserimento.

L'affidamento viene concesso con provvedimento di ordinanza
• se il soggetto è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il pubblico ministero competente dell'esecuzione,
• se il soggetto è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto penitenziario in cui è ristretto l'interessato al momento della presentazione della domanda.

Inizio dell'affidamento
L'affidamento ha inizio dal momento in cui al soggetto, previa notifica da parte degli organi competenti dell'ordinanza, sottoscrive il verbale di determinazione delle prescrizioni, con l'impegno a rispettarle:
• se il condannato è in libertà, davanti al Direttore del U.E.P.E..
• se il soggetto è detenuto, davanti al Direttore dell'Istituto penitenziario.

Il verbale delle prescrizioni
Viene disposto dal Tribunale di Sorveglianza contestualmente all'ordinanza di concessione della misura e detta le prescrizioni che il soggetto in affidamento dovrà seguire.
Prescrizioni indispensabili sono quelle relative ai seguenti aspetti:
• rapporti con l'Ufficio di esecuzione penale esterna
• dimora
• libertà di locomozione
• divieto di frequentare determinati locali
• lavoro
• divieto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati
Prescrizioni possibili:
• divieto di soggiornare in tutto o in parte in uno o più Comuni
• obbligo di soggiornare in un Comune determinato
• adoperarsi, in quanto possibile, in favore della vittima del suo reato
• adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
Durante il periodo di affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal Magistrato di Sorveglianza, tenuto conto anche delle informazioni dell'Ufficio di esecuzione penale esterna.

Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura
- Aiutare il soggetto a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale al fine di favorire il suo reinserimento;
- Controllare la condotta del soggetto in ordine alle prescrizioni;
- Svolgere azione di tramite tra l'affidato, la sua famiglia e gli altri suoi ambienti di vita, in collaborazione con i servizi degli Enti Locali, delle A.S.L. e del privato sociale;
- Riferire periodicamente, con frequenza minima trimestrale, al Magistrato di Sorveglianza sull'andamento dell'affidamento ed inviare allo stesso una relazione finale alla conclusione della misura;
- Fornire al Magistrato di Sorveglianza ogni informazione rilevante sulla situazione di vita del soggetto e sull'andamento della misura (ai fini di un'eventuale modifica delle prescrizioni, ecc.).
- Prosecuzione della misura
Se nel corso dell'affidamento sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva il Direttore dell'Ufficio di esecuzione penale esterna informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se il cumulo delle pene (in corso di espiazione e da espiare) non supera i tre anni.
Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che decide entro venti giorni la prosecuzione (o la cessazione) della misura.


Sospensione della misura
Il Magistrato di Sorveglianza sospende l'affidamento e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi:
- quando l'Ufficio di esecuzione penale esterna lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura (residuo pena inferiore a tre anni)
- quando l'affidato attua comportamenti tali da determinare la revoca della misura.
- Conclusione della misura

L'affidamento si conclude:
• con l'esito positivo del periodo di prova che estingue la pena ed ogni altro effetto penale.
In questo caso il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui la misura ha avuto termine emette l'ordinanza di estinzione della pena.
• con la revoca della misura, che può avvenire nei seguenti casi:
- comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, ritenuto incompatibile con la prosecuzione della prova;
- sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva che determini un residuo pena superiore a tre anni.
In questi casi il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui l'affidato ha la residenza o il domicilio emette l'ordinanza di revoca e ridetermina la pena residua da espiare.

(art. 47 L. 354/75)
Detenzione domiciliare
(art. 47 ter L. 354/75)
Che cos'è

La misura alternativa della detenzione domiciliare è stata introdotta dalla Legge n. 663 del 10/10/1986, di modifica dell'Ordinamento penitenziario (o.p.).
Con tale beneficio si è voluto ampliare l'opportunità delle misure alternative, consentendo la prosecuzione, per quanto possibile, delle attività di cura, di assistenza familiare, di istruzione professionale, già in corso nella fase della custodia cautelare nella propria abitazione (arresti domiciliari) anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, evitando così la carcerazione e le relative conseguenze negative.
L'art. 47 ter è stato modificato dalla Legge n°165 del 27/05/1998 che ha ampliato la possibilità di fruire di questo beneficio.
La misura consiste nell'esecuzione della pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza.

Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47 ter comma 1 o.p.:

Pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a quattro anni, nei seguenti casi:
• donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente;
• padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
• persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
• persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
• persona minore degli anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47 ter comma 1 bis o.p.:

Pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore ai due anni, quando:
• non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale
• l'applicazione della misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati
• non si tratti di condannati che hanno commesso i reati di particolare gravità specificati nell'art. 4 bis o.p
Se tale misura viene revocata la pena residua non può essere sostituita con altra misura.
Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47 ter comma 1 ter o.p.:

Pena anche superiore ai quattro anni, quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi dell'artt. 146 e 147 del c.p..
• Casi di rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena (art.146 c.p.):
o donna incinta
o donna che ha partorito da meno di sei mesi
o persona affetta da infezione da HIV nei casi di incompatibilità con lo stato di detenzione ai sensi dell'art. 286 bis, del c.p.p.


• Casi di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena (art. 147 c.p.):
o presentazione di una domanda di grazia
o condizione di grave infermità fisica
o donna che ha partorito da più di sei mesi, ma da meno di un anno, e non vi è modo di affidare il figlio ad altri che alla madre.
Il Tribunale di sorveglianza dispone l'applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, che può essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante l'esecuzione della misura.

Requisiti per la concessione della detenzione domiciliare prevista dall'art. 656 C.P.P. comma 10:

Pena detentiva non superiore a tre anni, anche se costituente residuo di maggior pena in caso di soggetto agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire.

Il Pubblico Ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al Tribunale di Sorveglianza affinché provveda senza formalità all'eventuale applicazione della detenzione domiciliare. Fino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza il condannato rimane agli arresti domiciliari e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'art. 47 ter o.p. provvede in ogni caso il Magistrato di Sorveglianza.

Con la Legge n. 231 del 12.07.99 che ha introdotto l'art.47 quater, per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la concessione della misura alternativa può essere concessa anche oltre i limiti di pena previsti.

Limiti alla concessione

I detenuti e gli internati per particolari delitti (416bis e 630 c.p., art. 74 D.P.R. 309/90, ecc.) possono ottenere la detenzione domiciliare solo se collaborano con la giustizia (artt. 4bis e 58ter o.p.).

I detenuti e gli internati per altri particolari delitti (commessi per finalità di terrorismo, artt. 575, 628 3° c., 629 2° c. c.p., ecc.) possono essere ammessi alla detenzione domiciliare solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.

Il D.L. 306/92 (convertito dalla L. n° 356 del 07/08/1992) ha altresì introdotto altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative, con l'aggiunta di nuovi commi all'art. 4bis ed all'art. 58quater dell'o. p., per i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità commesso durante un'evasione, un permesso premio, il lavoro all'esterno o durante una misura alternativa.

La legge 231 del 12.07.99 all'art. 5 ha disposto per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la non applicazione del divieto di concessione dei benefici previsto per gli internati e coloro che sono detenuti per i reati dell'art.4-bis della 354/75, fermi restando gli accertamenti previsti dai commi 2, 2bis e tre dello stesso articolo.

Istanza di detenzione domiciliare

L'istanza per poter usufruire della detenzione domiciliare deve essere inviata:
• se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell'esecuzione della pena (Modello Istanza). Il Pubblico Ministero trasmette l'istanza al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l'udienza;
• se il soggetto è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza che può disporre l'applicazione provvisoria della misura quando sono presenti i requisiti di cui all'art. 47 ter commi 1 e 1 bis sopra indicati. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l'udienza.
Se il soggetto è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, l'istanza deve essere corredata da idonea certificazione come previsto nell'art. 5 comma 2 della 231/99.

Se l'istanza non è accolta, si da inizio o riprende l'esecuzione della pena.

Compiti dell' Ufficio di esecuzione penale esterna prima della concessione
• se il soggetto è in libertà, svolge l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza
• se il soggetto è detenuto, partecipa al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza.
In entrambi i casi l'Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all'Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari ed ambientali.

Ordinanza

La detenzione domiciliare viene concessa con provvedimento di ordinanza
• se il soggetto è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il pubblico ministero competente dell'esecuzione,
• se il soggetto è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto penitenziario in cui è ristretto l'interessato al momento della presentazione della domanda.
Il Tribunale di sorveglianza nel disporre l'applicazione della detenzione domiciliare:
• stabilisce le prescrizioni secondo quanto previsto dall'art. 284 del c.p.p. per gli arresti domiciliari
• determina e impartisce le disposizioni per gli interventi dell' Ufficio di esecuzione penale esterna.
Esecuzione della detenzione domiciliare

La detenzione domiciliare ha inizio dal momento in cui al soggetto è notificata l'ordinanza di concessione della misura da parte degli organi competenti.

Il Magistrato di sorveglianzacompetente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare può modificare le prescrizioni e le determinazioni impartite.

Il soggetto in detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dall'o.p. e dal suo regolamento di esecuzione.

Al soggetto in detenzione domiciliare possono essere concessi i benefici previsti dalla normativa per tutti i detenuti, e quindi in particolare la liberazione anticipata (art. 54 o.p.).

Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che usufruisce di tale misura.

Compiti dell' Ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura

Gli interventi dell' U.E.P.E., nell'ambito dell'applicazione della misura della detenzione domiciliare riguardano il sostegno, e non il controllo, che invece è effettuato dagli organi di polizia.

L' Ufficio di esecuzione penale esterna, infatti, in base alle disposizioni impartite dal Tribunale di Sorveglianza, ha il compito di stabilire validi collegamenti con i servizi socio-assistenziali del territorio al fine di aiutare il condannato a superare le difficoltà connesse all'applicazione di tale misura.

Se il beneficio è disposto in base all'art. 5 comma 4 della 231/99, gli Uffici di esecuzione penale esterna debbono svolgere "attività di sostegno e di controllo circa l'attuazione del programma".

Prosecuzione della misura

Se nel corso della detenzione domiciliare sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva il Direttore dell' Ufficio di esecuzione penale esterna informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se il cumulo delle pene (in corso di espiazione e da espiare) non supera i limiti di pena previsti per la misura.

Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che fissa l'udienza per decidere la prosecuzione (o la cessazione) della misura.

Sospensione e revoca della misura

Il Magistrato di Sorveglianza sospende la detenzione domiciliare e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza nei seguenti casi:
• quando vengono a cessare i requisiti indispensabili per beneficiare della misura
• quando il soggetto attua comportamenti, contrari alla legge o alle prescrizioni, ritenuti incompatibili con la prosecuzione della misura
• quando il soggetto viene denunciato per violazione dell'art. 385 c.p. (evasione)
• quando l' Ufficio di esecuzione penale esterna informa il Magistrato di Sorveglianza di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura (art. 51 bis o.p.).
Il Tribunale di Sorveglianza fissa l'udienza per il procedimento di revoca e decide sull'accoglimento o il rigetto della proposta del Magistrato di Sorveglianza.
Liberazione condizionale
La liberazione condizionale consiste nella possibilità di concludere la pena all'esterno del carcere in regime di libertà vigilata.

Requisiti per la concessione

giuridici
• avere scontato almeno trenta mesi o comunque almeno metà della pena, se la pena residua non superi i cinque anni,
• avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflitta, in caso di recidiva aggravata o reiterata;
• avere scontato almeno ventisei anni di pena in caso di condanna all'ergastolo,
• aver scontato almeno due terzi della pena, fermi restando gli ulteriori requisiti e limiti sanciti dall'art. 176 c.p., in caso di condanna per i delitti di cui all'art. 4bis l. 354/75 (art. 2 del D.L. 13/05/91, n. 152, convertito in legge 12/07/91, n. 203)
soggettivi
• aver tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il proprio ravvedimento.
• avere assolto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle.
• La liberazione condizionale può essere chiesta in qualunque momento dell'esecuzione dai condannati che abbiano commesso il delitto da minori di anni 18.
• Se la liberazione non è concessa per difetto del requisito del ravvedimento, la richiesta non può essere riproposta prima che siano decorsi sei mesi dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto (art. 682 c.p.p.).
Istanza
L'istanza per usufruire della liberazione condizionale deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria, al Direttore del carcere. Il Direttore del carcere trasmette al Tribunale di Sorveglianza la domanda o la proposta di liberazione condizionale (art. 94 bis D.P.R. 431/76).

Compiti dell'ufficio prima della concessione
L' Ufficio di esecuzione penale esterna partecipa al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza.

In particolare l' Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale per fornire all'istituto, e tramite esso, al Tribunale di Sorveglianza, elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un'ipotesi di intervento e di inserimento.

Ordinanza
La liberazione condizionale viene concessa con provvedimento di ordinanza dal Tribunale di sorveglianza (art. 682 c.p.p.) che ha giurisdizione sull'istituto penitenziario in cui è ristretto l'interessato al momento della presentazione della domanda.

L'ordinanza di concessione della liberazione condizionale è comunicata al Magistrato di Sorveglianza ed all' Ufficio di esecuzione penale esterna del luogo dove si esegue la libertà vigilata (art. 94 bis del D.P.R. 431/76).

Compiti dell'ufficio nel corso della concessione

Nei confronti delle persone sottoposte al regime di libertà vigilata da liberazione condizionale, l'U.E.P.E. svolge gli interventi previsti per la libertà vigilata.

Revoca della misura
La liberazione condizionale può essere revocata dal Tribunale di Sorveglianza, a seguito di proposta di revoca da parte del Magistrato di Sorveglianza, nei seguenti casi:
• Qualora la persona liberata commetta un reato o una contravvenzione della stessa indole
• Qualora trasgredisca gli obblighi previsti dalla libertà vigilata.
Conclusione della liberazione condizionale

La liberazione condizionale si conclude automaticamente una volta decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero dopo cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se si tratta di condannato all'ergastolo, sempre che non sia intervenuta alcuna causa di revoca.

(art. 176 C.P.)
Semilibertà
(artt. 48 - 50 L. 354/75)

Che cos'è

Può essere considerata come una misura alternativa impropria, in quanto, rimanendo il soggetto in stato di detenzione, il suo reinserimento nell'ambiente libero è parziale.

E' regolamentata dall'art. 48 dell'Ordinamento Penitenziario (o. p.), e consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dall'Istituto di pena per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, in base ad un programma di trattamento, la cui responsabilità è affidata al Direttore dell'Istituto di pena.

Requisiti per la concessione
1. Requisiti giuridici:
• pena dell'arresto e pena della reclusione non superiore a sei mesi se il condannato non è affidato al servizio sociale (comma 1 art. 50 o. p.);
• espiazione di almeno metà della pena o, se si tratta di condannato per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4 bis o. p., di almeno due terzi della pena (comma 2 art. 50 o. p.);
• prima dell'espiazione di metà della pena nei casi previsti dall'art. 47 o. p., se mancano i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e la condanna è per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell'art. 4 bis o. p.;
• espiazione di almeno venti anni di pena per i condannati all'ergastolo;
• essere sottoposto ad una misura di sicurezza detentiva (internato).

2. Requisiti soggettivi:
• aver dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale per i casi previsti dal comma 1 (pena non superiore a sei mesi)
• aver compiuto dei progressi nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società, per tutti gli altri casi (comma 4 art. 50 o. p.).
Limiti alla concessione

I detenuti e gli internati per particolari delitti (416bis e 630 c.p., art. 74 D.P.R. 309/90, ecc.) possono ottenere la semilibertà solo se collaborano con la giustizia (artt. 4bis e 58ter o. p.).

I detenuti e gli internati per altri particolari delitti (commessi per finalità di terrorismo, artt. 575, 628 3° c., 629 2° c.c.p., ecc.) possono essere ammessi alla semilibertà solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.

Il D.L. 306/92 (convertito dalla L. n° 356 del 07/08/1992) ha altresì introdotto altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative, con l'aggiunta di nuovi commi all'art. 4bis ed all'art. 58quater dell'ordinamento penitenziario, per i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità commesso durante un'evasione, un permesso premio, il lavoro all'esterno o durante una misura alternativa.

Istanza di semilibertà

L'istanza deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria:
1. Soggetti che devono scontare una pena, o anche un residuo pena, non superiore a tre anni
• se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'art. 656 c.p.p. così come modificato dalla Legge 165 del 27.5.98 (MODULO ISTANZA).Il Pubblico Ministero trasmette l'istanza al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l'udienza;
• se il soggetto è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione, il quale può sospendere l'esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza, applicando, in quanto compatibile, il comma 4 dell'art. 47 o. p..
La sospensione opera sino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza.

Non può essere accordata altra sospensione dell'esecuzione per la medesima pena, anche se vengono presentate altre istanze di diverse misure alternative (comma 7 art. 656 c.p.p. così come modificato dalla legge n. 165 del 27.05.98).
2. Altre categorie di soggetti (condannati con pena superiore a tre anni, internati, ecc.)

In questi casi l'istanza viene presentata al Tribunale di Sorveglianza.
Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna prima della concessione
• se il soggetto è in libertà, svolge l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza
• se il soggetto è detenuto, partecipa al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza.
In entrambi i casi l'Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all'Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un'ipotesi di intervento e di inserimento.

Ordinanza

La semilibertà viene concessa con provvedimento di ordinanza
• se il soggetto è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo in cui ha sede il Pubblico Ministero competente dell'esecuzione,
• se il soggetto è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull'Istituto di pena in cui è ristretto l'interessato al momento della presentazione della domanda.
Esecuzione della semilibertà

La semilibertà ha inizio dal momento in cui il Magistrato di Sorveglianza approva il piano di trattamento provvisorio che il Direttore dell'Istituto di pena deve predisporre entro cinque giorni dall'arrivo dell'ordinanza.

Se l'ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà di cui all'ultimo comma dell'articolo 92 del Regolamento d'esecuzione (D.P.R. 431/76).

Nel programma di trattamento sono indicate le prescrizioni che il soggetto dovrà sottoscrivere e rispettare in ordine alle attività cui dovrà dedicarsi fuori dal carcere: il lavoro, i rapporti con la famiglia e con il Centro di Servizio Sociale, altre attività utili al reinserimento, ecc.

Durante la misura il programma di trattamento può essere modificato dal Magistrato di Sorveglianza su segnalazione del Direttore dell'Istituto di pena.

Al soggetto in semilibertà possono essere concessi i benefici previsti dalla normativa per tutti i detenuti, e quindi in particolare la liberazione anticipata (art. 54 o. p.).

Possono altresì essere concesse, a titolo di premio, una o più licenze, di durata non superiore a complessivi 45 giorni annui (artt. 52 e 53 o. p.), che vengono fruite in regime di libertà vigilata.

Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura

L' U.E.P.E. svolge nei confronti dei soggetti in semilibertà i seguenti compiti ed interventi:
• cura la vigilanza e l'assistenza del soggetto nell'ambiente libero
• collabora con la Direzione dell'Istituto di pena di pena che rimane titolare della responsabilità del trattamento
• riferisce periodicamente al Direttore dell'Istituto di pena sull'andamento della semilibertà e sulla situazione di vita del soggetto
• fornisce al Direttore dell'Istituto di pena ogni informazione rilevante ai fini di un'eventuale modifica del programma di trattamento.
Prosecuzione della misura

Se nel corso della semilibertà sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva il Direttore dell'Istituto di pena informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se permangono le condizioni di cui all'art. 50 o. p..

Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che decide la prosecuzione (o la cessazione) della misura.

Sospensione della misura

Il Magistrato di Sorveglianza sospende la semilibertà e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi:
• quando l'Istituto di pena di pena lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura
• quando il semilibero attua comportamenti tali da determinare la revoca della misura.
Revoca della misura:

La semilibertà può essere REVOCATA dal Tribunale di Sorveglianza competente nei seguenti casi:
• in ogni tempo quando il soggetto non sia ritenuto idoneo al trattamento;
• sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva che faccia venir meno le condizioni di cui all'art. 50.
Per il candidato:
• se si assenta per non più di dodici ore dall'Istituto di pena senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della misura;
• se si assenta per più di dodici ore è punibile in base al comma 1 dell'art. 385 del c.p. (evasione): la denuncia sospende il beneficio, la condanna comporta la revoca della semilibertà.
Per l'internato:
• se si assenta per oltre tre ore dall'Istituto di pena senza giustificato motivo è punito in via disciplinare e può subire la revoca della semilibertà.
• Espulsione come sanzione alternativa alla detenzione
• L’espulsione come misura alternativa alla detenzione, prevista dall' art. 16 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, è disposta nei confronti del detenuto straniero, identificato, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni.
Si applica, inoltre, quando ricorrono le condizioni previste dall’art. 13 comma 2 del Testo Unico: ovvero se lo straniero, entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e vi si è trattenuto senza chiedere il permesso di soggiorno, ed è considerato socialmente pericoloso ai sensi della legge 27 dicembre 1956 n. 1423.
L’espulsione è disposta dal magistrato di sorveglianza che decide con decreto motivato dopo avere acquisito dagli organi di polizia informazioni sull’identità e la nazionalità dello straniero. Il decreto è comunicato all’interessato che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione davanti al Tribunale di Sorveglianza. Il Tribunale decide entro il termine di dieci giorni.
L’esecuzione del decreto rimane sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione e della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Lo stato di detenzione permane comunque fino a quando siano acquisiti i documenti di viaggio. L’espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione, che dispone l’accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica.
La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall’esecuzione del provvedimento di espulsione, sempre che lo straniero non sia rientrato illegalmente nel territorio dello Stato. In tale caso, è ripristinato la detenzione e l’esecuzione della pena.
L’espulsione come misura alternativa non può essere disposta:
1. Quando la condanna riguarda uno dei delitti indicati dall’articolo 407 comma 2 del codice di procedura penale: art. 575 (omicidio), art. 628 comma 3 (rapina aggravata, art. 629 (estorsione), art. 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione);
2. nei casi indicati dall’art. 19 del Testo Unico:
a) quando lo straniero potrebbe essere oggetto, nello Stato di destinazione, di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa essere rinviato presso un altro Stato nel quale non sia protetto da persecuzioni;
b) quando lo straniero è minore degli anni diciotto (facendo salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulso);
c) quando lo straniero è in possesso della carta di soggiorno, (salvo che non ricorrano gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale, ovvero quando lo straniero sia ritenuto pericoloso socialmente ai sensi legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e della legge 19 marzo 1990, n. 55);
d) quando lo straniero è convivente con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana;
e) nei casi di donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono.
Affidamento in prova al servizio sociale per il condannato militare
(ART. 1 L. 167 del 29/04/1983)
Che cos'è
L'affidamento in prova al servizio sociale per i condannati militari ha l'obiettivo di evitare che i soggetti, che si rifiutano di prestare sia il servizio di leva sia il servizio sostitutivo civile, entrino in carcere.
La normativa (Legge n. 167/83) rimanda alla regolamentazione prevista dall'art. 47della Legge 354 del 1975 per l'affidamento in prova al servizio sociale.

Condizioni per la concessione
Pena detentiva inflitta dal Tribunale Militare per il rifiuto di prestare il servizio militare ed il servizio sostitutivo civile.

Istanza
L'istanza, ai sensi dell'art. 8 della Legge 167/83, "può essere presentata dal condannato, dai suoi prossimi congiunti o dal difensore nonché proposta dal comandante dello stabilimento militare di pena".
La competenza per la concessione della misura è del Tribunale Militare di Sorveglianza.

Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna prima dell'ammissione
L'Ufficio di esecuzione penale esterna svolge l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza Militare per fornire elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, lavorativi ed ambientali.

Ordinanza
L'affidamento viene concesso con provvedimento di ordinanza dal Tribunale di sorveglianza militare.

Inizio dell'affidamento
L'affidamento ha inizio, previa notifica degli organi competenti, dal momento in cui il soggetto sottoscrive il verbale di determinazione delle prescrizioni, con l'impegno a rispettarle:
- se il condannato è in libertà, davanti al direttore dell'Ufficio esecuzione penale esterna
- se il soggetto è detenuto, davanti al direttore dell'Istituto.
Viene disposto dal Tribunale di sorveglianza militare contestualmente all'ordinanza di concessione della misura.

Il verbale dell'affidamento
detta le prescrizioni che il soggetto in affidamento dovrà seguire.
Prescrizioni indispensabili sono quelle relative ai seguenti aspetti:
• rapporti con l'Ufficio di esecuzione penale esterna
• dimora
• libertà di locomozione
• divieto di frequentare determinati locali
• lavoro
• divieto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati
Prescrizioni eventuali possono riguardare
• divieto di soggiornare in tutto o in parte in uno o più Comuni
• obbligo di soggiornare in un Comune determinato
• adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
Durante il periodo di affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal Magistrato di Sorveglianza militare, tenuto conto anche delle informazioni dell'Ufficio di esecuzione penale esterna.

Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura
I compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna sono quelli previsti per l'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 L. 354/75).

Modalità di esecuzione della misura
Anche le modalità di esecuzione della misura sono quelle previste per l'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 o.p.).
La competenza per quanto attiene all'esecuzione della misura è del magistrato militare di sorveglianza.

Conclusione della misura
L'affidamento si conclude:
• con l'esito positivo del periodo di prova che estingue la pena ed ogni altro effetto penale
• con la revoca della misura, nei casi previsti dalla normativa
Detenzione domiciliare speciale
Detenzione domiciliare speciale
(art. 47 quinquies O.P.)
Che cos’è
La misura alternativa o di comunità della detenzione domiciliare speciale è stata introdotta dall’art. 3 della legge 8 marzo 2001 n. 40, di modifica dell’Ordinamento penitenziario.
Con tale beneficio si è voluto consentire alle condannate, madri di bambini di età inferiore agli anni dieci, di espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli.
La detenzione domiciliare speciale può essere concessa, quando non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 47 ter (pena inferiore ai 4 anni), solo se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli.
La detenzione domiciliare speciale può essere concessa, alle stesse condizioni previste per la madre, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta, o impossibilitata ad assistere i figli, e non vi è modo di affidare i figli ad altri che al padre.
Chi può essere ammesso alla detenzione domiciliare speciale
• la madre di bambini di età inferiore ad anni dieci, con lei conviventi;
• il padre di bambini di età inferiore ad anni dieci con lui conviventi, quando la madre sia deceduta, o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza ai figli;
• che abbiano espiato almeno un terzo della pena, o almeno 15 anni in caso di condanna all’ergastolo.
Esclusioni dall’ammissione alla detenzione domiciliare speciale
La detenzione domiciliare speciale non può essere concessa a coloro che sono stati dichiarati decaduti dalla potestà sui figli, a norma dell’articolo 330 del codice civile.
Nel caso che la decadenza intervenga nel corso dell’esecuzione della misura alternativa o di comunità, questa è immediatamente revocata.
I detenuti e gli internati per i delitti previsti dall’art. 4 bis O.P. possono essere ammessi alla detenzione domiciliare speciale solo se collaborano con la giustizia ai sensi dell’art. 58 ter O.P.
Chi è evaso, oppure ha avuto la revoca di una misura alternativa o di comunità, non può essere ammesso alla detenzione domiciliare speciale per 3 anni (art. 58 quater, commi 1 e 2, O.P.).
I condannati per i delitti di cui all’art. 4 bis O.P. non possono essere ammessi alla detenzione domiciliare speciale per 5 anni nel caso abbiano commesso il reato di evasione (385 c.p.) o quando si procede o è pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso durante il lavoro all’esterno o la fruizione di un permesso premio e di una misura alternativa alla detenzione.
Il beneficio non può essere concesso più di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma, del codice penale.
Istanza di detenzione domiciliare speciale
L’istanza per poter usufruire della detenzione domiciliare speciale deve essere inviata:
• se il condannato è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell’esecuzione della pena.
Il Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di Sorveglianza competente, che fissa l’udienza;
• se il condannato è detenuto, al Tribunale di Sorveglianza competente, che fissa l’udienza.
Compiti dell’Ufficio di esecuzione penale esterna
L’Ufficio di esecuzione penale esterna:
• se il condannato è in libertà, svolge l’inchiesta richiesta dal Tribunale di Sorveglianza;
• se il condannato è detenuto, partecipa al gruppo per l’osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione "di sintesi", da inviare al Tribunale di Sorveglianza.
In entrambi i casi l’Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un’inchiesta per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all’Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato, con particolare riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari ed ambientali.
Ordinanza
Il Tribunale di Sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare speciale, ne fissa le modalità di attuazione, secondo quanto stabilito dall’articolo 284 del codice di procedura penale e, in particolare:
• precisa il periodo di tempo che la persona può trascorrere all’esterno del proprio domicilio;
• detta le prescrizioni relative agli interventi dell’Ufficio di esecuzione penale esterna.
Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal Magistrato di Sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la misura alternativa o di comunità.
Esecuzione della detenzione domiciliare speciale
La detenzione domiciliare speciale ha inizio dal momento in cui al condannato è notificata l’ordinanza di ammissione della misura da parte degli organi competenti.
Il condannato in detenzione domiciliare speciale non è sottoposto al regime penitenziario previsto dall’Ordinamento penitenziario e dal suo regolamento di esecuzione.
Al condannato in detenzione domiciliare speciale possono essere concessi i benefici previsti dalla normativa per tutti i detenuti e quindi, in particolare, la liberazione anticipata (art. 54 O.P.).
Nessun onere grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica del condannato che si trovi in detenzione domiciliare speciale.
Compiti dell’ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura alternativa o di comunità
L’Ufficio di esecuzione penale esterna controlla la condotta del condannato e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia, con le agenzie private e pubbliche presenti nella comunità e con gli altri suoi ambienti di vita; riferisce periodicamente al Magistrato di Sorveglianza sul comportamento del condannato.
Prosecuzione della misura
Al compimento del decimo anno di età del figlio, su domanda del condannato già ammesso alla detenzione domiciliare speciale, il Tribunale di Sorveglianza può:
• disporre la proroga del beneficio, se ricorrono i requisiti per l’applicazione della semilibertà (espiazione di metà della pena, o dei due terzi nel caso di reati previsti all’art. 4 bis O.P.);
• disporre l’ammissione di una diversa misura (assistenza all’esterno dei figli minori, di cui all’art. 21 bis O.P.), tenuto conto del comportamento dell’interessato nel corso della misura alternativa o di comunità, desunto dalle relazioni redatte dall’Ufficio di esecuzione penale esterna, nonché della durata della misura e dell’entità della pena residua.
Revoca della misura alternativa o di comunità
La detenzione domiciliare speciale è revocata se il comportamento del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa o di comunità.
Il condannato ammesso al regime della detenzione domiciliare speciale che rimane assente dal proprio domicilio, senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, può essere proposto per la revoca della misura.
Se l’assenza si protrae per un tempo maggiore il condannato è punito ai sensi dell’articolo 385 del codice penale (evasione) e la condanna per il reato di evasione comporta la revoca della misura alternativa o di comunità.
Misura alternativa o di comunità alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da aids conclamata o da grave deficienza immunitaria
Che cos'è
Con l'inserimento dell'art. 47 - quater (L. 231 del 12.07.1999) il legislatore ha voluto consentire ai soggetti affetti da aids o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, accertate ai sensi dell'articolo 286 bis, comma 2, del codice di procedura penale, e che hanno in corso o intendono intraprendere un programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di aids, la possibilità di accedere alle misure alternative o di comunità previste dagli articoli 47 (affidamento in prova al servizio sociale) e 47 ter (detenzione domiciliare), anche oltre i limiti di pena ivi previsti.
Il Tribunale di sorveglianza non può concedere il beneficio qualora l'interessato abbia già fruito di analoga misura alternativa o di comunità e questa sia stata revocata da meno di un anno.

Istanza di affidamento
L'istanza per poter usufruire della misura alternativa o di comunità alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da aids conclamata o da grave deficienza immunitaria deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria:
- se il soggetto è in libertà, al pubblico ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell'esecuzione della pena, entro trenta giorni dalla notifica, come previsto dall'art. 656 c.p.p., così come modificato dalla Legge 165 del 27.5.98. Il pubblico ministero trasmette l'istanza al tribunale di sorveglianza competente che fissa l'udienza;
- se il soggetto è detenuto, al magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione, il quale può sospendere l'esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza.

Se il soggetto è affetto da aids conclamata o da grave deficienza immunitaria, o da altra malattia particolarmente grave, l'istanza deve essere corredata da idonea certificazione del servizio sanitario pubblico competente (nell'art.5 comma 2 della 231/99) che attesti la sussistenza delle condizioni di salute e che indichi la concreta attuabilità del programma di cura ed assistenza, in corso o da effettuare, presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di aids. Se l'istanza non è accolta, riprende o si da inizio all'esecuzione della pena.
Anche gli internati e coloro che sono stati condannati per i reati che rientrano nel 4-bis della L. 354/75, fermo restando quanto previsto dai commi 2, 2 bis e 3 dello stesso articolo, possono inoltrare istanza in tal senso (art. 5 comma 9 e 10 della l. 231/99).

Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna prima della concessione della misura alternativa o di comunità.
- Se il soggetto è in libertà svolge l'inchiesta di servizio sociale richiesta dal tribunale di sorveglianza;
- se il soggetto è detenuto partecipa al gruppo per l'osservazione scientifica della personalità e fornisce il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianze.

In entrambi i casi l'ufficio di esecuzione penale esterna svolge un'inchiesta di servizio sociale da fornire al tribunale di sorveglianza finalizzata a fornire elementi utili riferiti al programma di cura ed assistenza, in corso o da effettuare, all'ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un'ipotesi di intervento e di inserimento sociale.

Compiti dell'Ufficio di esecuzione penale esterna nel corso della misura alternativa o di comunità.
Gli uffici di esecuzione penale esterna si attengono ai compiti così come previsti dall' articolo 47 dell'ordinamento penitenziario e nel caso di applicazione della misura della detenzione domiciliare svolgono l'attività di sostegno e controllo circa l'attuazione del programma.

Prosecuzione della misura
Se nel corso dell'affidamento sopraggiunge un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva il direttore dell'ufficio di esecuzione penale esterna informa il mgistrato di sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura.
Il magistrato di sorveglianza trasmette poi gli atti al tribunale di sorveglianza che decide entro venti giorni la prosecuzione (o la cessazione) della misura.

Sospensione della misura alternativa o di comunità
Il magistrato di sorveglianza può sospendere l'affidamento e trasmettere gli atti al tribunale di sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi:
- quando l'Ufficio di esecuzione penale esterna o gli organi di pubblica sicurezza lo informano dell'avvenuta commissione da parte del soggetto di un reato successivamente alla concessione del beneficio;
- quando l'affidato attua comportamenti tali da determinare la revoca della misura.

Revoca della misura
Il tribunale di sorveglianza può revocare la misura alternativa o di comunità disposta ai sensi del comma 1 qualora il soggetto risulti imputato o sia sottoposto a misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'art. 380 del codice di procedura penale, relativamente ai fatti commessi successivamente alla concessione del beneficio.
Ordinanza
L'affidamento viene concesso con provvedimento di ordinanza dal tribunale di sorveglianza del luogo in cui ha sede il pubblico ministero competente dell'esecuzione.

Inizio della misura di comunità o alternativa
L'affidamento ha inizio dal momento in cui il soggetto sottoscrive, davanti al Direttore dell'ufficio di esecuzione penale esterna, il verbale di determinazione delle prescrizioni, con l'impegno a rispettarle.
Il verbale delle prescrizioni
Il tribunale di sorveglianza nell'ordinanza di concessione deve impartire le prescrizioni relative sia all'esecuzione della misura alternativa sia alle modalità di esecuzione del programma (art. 5 comma 3 della L 231/99).

Conclusione della misura alternativa o di comunità
L'affidamento si conclude:

a. con l'esito positivo del periodo di prova che estingue la pena ed ogni altro effetto penale.
In questo caso il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui la misura ha avuto termine emette l'ordinanza di estinzione della pena.
b. con la revoca della misura, che può avvenire nei seguenti casi:
- comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, ritenuto incompatibile con la prosecuzione della prova;
- commissione da parte del soggetto di un reato successivamente alla concessione del beneficio
In questi casi il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui l'affidato ha la residenza o il domicilio emette l'ordinanza di revoca e ridetermina la pena residua da espiare.

Lavoro di pubblica utilità
Che cos’è
Introdotto dall'art. 73 comma 5 bis D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il lavoro di pubblica utilità, consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. La prestazione di lavoro, ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.
Chi vi è ammesso
La sanzione è applicata all’imputato per i reati previsti dal comma 5 dell’art. 73 (produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti di lieve entità), quando non può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena; viene comminata in alternativa alla pena detentiva e alla pena pecuniaria, con le modalità previste dall’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 274.
Come vi si accede
La sanzione viene disposta dal giudice su richiesta dell’imputato, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art 444 del codice di procedura penale (patteggiamento). Con la sentenza di condanna il giudice individua il tipo di attività, nonché l’ente o l’amministrazione dove deve essere svolto il lavoro di pubblica utilità. La prestazione di lavoro non retribuita ha una durata corrispondente alla sanzione detentiva irrogata.
Dove viene svolto
L’attività di lavoro non retribuita viene svolta presso con gli enti pubblici territoriali e le organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato individuati attraverso apposite convenzioni stipulate dal ministero della Giustizia o, su delega di quest’ultimo, dal Presidente del tribunale, a norma dell’art. 2 del decreto ministeriale 26 marzo 2001. Nelle convenzioni sono indicate le attività in cui può consistere il lavoro di pubblica utilità, i soggetti incaricati di coordinare la prestazione lavorativa e le modalità di copertura assicurativa. L’elenco degli enti convenzionati è affisso presso le cancellerie di ogni Tribunale.
Modalità di prestazione dell’attività lavorativa
L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore. Le amministrazioni e gli enti presso cui viene svolta l’attività lavorativa, assicurano il rispetto delle norme e la predisposizione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei condannati.
Compiti dell’Uepe
Il giudice, con la sentenza di condanna, incarica l’ufficio di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L’ufficio riferisce periodicamente al giudice.
Revoca
In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, su richiesta del pubblico ministero, il giudice che procede o quello dell’esecuzione (con le formalità di cui all’art. 666 del codice di procedura penale), tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della sanzione con il conseguente ripristino della pena che era stata sostituita. Avverso al provvedimento di revoca è ammesso il ricorso in Cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte.
Affidamento in prova al servizio sociale per tossicodipendenti
È una particolare forma di affidamento in prova rivolta ai tossicodipendenti e alcooldipendenti che intendano intraprendere o proseguire un programma terapeutico.
La legge n. 297 del 21 Giugno 1985 ha introdotto l'art. 47 bis dell'Ordinamento Penitenziario (affidamento in prova in casi particolari), che poi è stato modificato dalla L. n. 663/86 (Gozzini).
Tale misura alternativa è stata poi recepita dal Testo Unico in materia di stupefacenti (D.P.R. n. 309/90) come art. 94.
Il D.P.R. n. 309/90 è stato successivamente modificato dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49 “Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi" che, in particolare, ha introdotto i seguenti cambiamenti:
• l’affidamento in prova terapeutico viene esteso alle pene fino a 6 anni, anche se tale periodo è residuo di maggior pena;
• la certificazione dello stato di tossicodipendenza non è più di esclusiva competenza del servizio pubblico, ma anche le strutture private possono certificarlo ai fini delle misure alternative al carcere e della sospensione dell’esecuzione della pena.
Per la concessione della misura alternativa o di comunità sono richiesti i seguenti requisiti:
• pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a sei anni;
• il condannato deve essere persona tossicodipendente o alcool dipendente che ha in corso o che intende sottoporsi ad un programma di recupero;
• il programma terapeutico deve essere concordato dal condannato con una A.S.L. o con altri enti, pubblici e privati, espressamente indicati dalla legge (art.115 D.P.R. n. 309/90);
• una struttura sanitaria pubblica o privata deve attestare lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e l'idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico concordato.
Il beneficio dell'affidamento in prova in casi particolari non può essere concesso più di due volte.
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3.wp

• Carcere e alternative
o Strutture penitenziarie sul territorioIstituti penitenziari, Provveditorati regionali, Uffici di esecuzione penale esterna
o Vita in carcereIngresso in carcere, La giornata tipo, Rapporti con le famiglie, Procedure per i colloqui ...
o Salute in carcereLa riforma della medicina penitenziaria, Centri clinici, Organizzazione dei servizi sanitari, Ospedali psichiatrici giudiziari ...
o Detenute madriAsili nido, Custodia attenuata per madri, Misure a tutela del rapporto tra detenute e figli minori
o Misure alternative o di comunitàAffidamento in prova al servizio sociale, Affidamento in prova al servizio sociale per condannati militari, Detenzione domiciliare, Detenzione domiciliare speciale ...
o Misure di sicurezza detentiveEsecuzione in colonie agricole o case di lavoro, Esecuzione in case di cura e custodia, Esecuzione in ospedali psichiatrici giudiziari
o Sanzioni sostitutiveLavoro sostitutivo, Libertà controllata, Pena pecuniaria, Semidetenzione ...
o Attività rieducativaL'osservazione e il trattamento, Istruzione e formazione, Teatro in carcere, Lavoro in carcere ...
Il Ministero informa
• 9 settembre 2010
Statistica - Detenuti presenti negli istituti
• 6 settembre 2010
Teatro in carcere - Da Venezia all'Irlanda, concerti, spettacoli, eventi
• 25 agosto 2010
Amministrazione penitenziaria - II edizione di "Rockincarcere"

Presentazione candidature in quota UDC a Bologna - Lista Aldrovandi Sindaco

PLAYLIST MUSICALE 1^

Post più popolari

Elementi condivisi di PIETRO

Rachel

Rachel

FORZA JUVE! E BASTA. FORZA DRUGHI!

FORZA JUVE! E BASTA. FORZA DRUGHI!

GALWAY - IRLANDA

GALWAY - IRLANDA

PUNTA ARENAS

PUNTA ARENAS

VULCANO OSORNO

VULCANO OSORNO

Fairbanks

Fairbanks

Nicole Kidman - Birth , io sono Sean

Nicole Kidman - Birth , io sono Sean

DESERTO DI ATACAMA

DESERTO DI ATACAMA

Moorgh Lake Ramsey, Isle of Man

Moorgh Lake Ramsey, Isle of Man

Port Soderick

Port Soderick

TRAMONTO SU GERUSALEMME

TRAMONTO SU GERUSALEMME

Masada, l'inespugnabile

Masada, l'inespugnabile

KATYN

KATYN

I GUERRIERI DELLA NOTTE

I GUERRIERI DELLA NOTTE

L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford

L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford

THE WOLFMAN

THE WOLFMAN

Sistema Solare

Sistema Solare

TOMBSTONE

TOMBSTONE

coco

coco

PLAYLIST MUSICALE I^

Rebecca Hall

Rebecca Hall